martedì 18 dicembre 2012

Tra le pieghe del retto un sentimento postmoderno


Durante le prime notti, Margot (Annette era il suo vero nome ma così preferiva chiamarla lui nella quotidianità, salvo apostrofarla con Piccola baldracca d'una vacca durante le loro scorribande erotiche) non faceva caso alle espressioni del marito, ai suoi grugniti selvaggi, al modo in cui le tirava i capelli con entrambe le mani come fossero le briglie di un cavallo, semplicemente lo riteneva un uomo particolarmente estroso e pieno di fantasia, e pertanto ne legittimava i comportamenti.
Appena dopo la celebrazione del matrimonio più discusso nella storia della cittadina di Bugibba, Margot ricevette richieste di tutti i tipi da parte di quell'uomo. Acconsentiva perché in fondo credeva che tutto fosse dovuto al padre dei suoi futuri figli, ma essendo lei di mentalità piuttosto ristretta non riusciva a comprenderne il motivo.
Tutto accadde una sera intorno alle ventitré. C'era uno strano silenzio nell'aria e, negli occhi di lui, un'espressione imperscrutabile.
― Pensi di essere in grado.. ― balbettò l'uomo.
Margot si tirò su appoggiando la schiena alla testiera del letto: ― Di cosa parli? ― domandò incuriosita.
― Oh, al diavolo! ― sbottò lui d'improvviso, e guardandola negli occhi aggiunse senza alcuna esitazione: ― Succhiami il brufolo Piccola baldracca d'una vacca!
― Cos... Il brufolo?
― Il brufolo, certo! ― disse l'uomo accompagnando la battuta con un gesto di stizza. ― Ignori la sua ingombrante presenza perchè preferisci chiudere gli occhi, nascondere la testa sotto la sabbia! ― e le puntò un dito contro all'altezza della fronte.
Lei non rispose, avvolta com'era in un velo di pudicizia e sconcerto. Solo cominciò a domandarsi di quale brufolo stesse parlando il marito.
― Mah.. ― disse con una vaga espressione di incredulità. Poco dopo tirò su le sopracciglia e si avvicinò al volto di lui per scrutarlo meglio. Guardò il suo collo, la nuca, le mani, forse il brufolo di cui parlava si nascondeva dietro i polsi, così li afferrò ruotandoli, cercò bene dietro le orecchie, tra i capelli e perfino sui gomiti, ma della fantomatica escrescenza nemmeno l'ombra.
Lui sembrò innervosirsi: ― Il brufolo! ― disse scuotendo in aria le braccia come un invasato. Poi tirò giù i pantaloni fino alle caviglie e ripeté ancora una volta: ― Succhiami il brufolo!
A quel punto era quasi nudo e con un'erezione davvero enorme. (Elefante non era il suo vero nome ma così preferiva chiamarlo lei quando, dopo aver bevuto un semplice bicchiere di vino bianco, perdeva totalmente le staffe smarrendo lungo il cammino verso la camera da letto quell'insensato pudore che si portava dietro dalla nascita)
― Voglio che me lo succhi! Che lo stringi tra i denti, che lo rompi con la lingua e che dopo bevi il mio... Pus!
― Oh Gesù santissimo! ― esclamò lei portando le mani davanti alla bocca. Quello fu l'istante in cui l'uomo tirò giù le mutande sbandierando una volta per tutte alla povera Margot l'oggetto di quella surreale richiesta.
Quello che lei vide (e che mai più poté dimenticare) era un brufolo enorme, violaceo, dalla forma vagamente tondeggiante ma più che altro irregolare, quasi una piramide in miniatura sulla punta del suo pisello, ad essere precisi qualche millimetro alla sua destra.
La vista di quel... coso, di quella orribile escrescenza, – nonché il suo bizzarro colore che sembrava cangiante – parvero terrorizzare la donna che quasi urlò, lì sul momento, e si ritirò di corsa in cucina.
― Oh no! ― sbottò lui, e prese a correrle dietro ondeggiando il suo affare dalla punta violacea.
― Vieni qui! ― gridò. ― Succhiami il brufolo Piccola baldracca d'una vacca! Succhiamelo, ho detto!
Quando riuscì a raggiungerla l'afferrò per un braccio e urlò ancora una volta: ― Voglio che lo prendi in bocca! Devi bere il mio pus, hai capito? Voglio che lo strizzi coi denti fino a fartelo scoppiare sulla lingua come un pop corn!
― Ma perchè? ― balbettò lei impaurita.
― Devi fare quello che ti dico! Sono stato chiaro?
Ecco cos'era diventato il suo matrimonio: un'unione per niente spirituale con una melanzana matura.
Sapeva che avrebbe dovuto accontentarlo, ne era perfettamente consapevole, ma temeva che così facendo avrebbe dato il via a richieste ancor più bizzarre. Cominciò a domandarsi se in seguito, magari... ― Oh mio Dio! ― e portò entrambe le mani alla bocca.
La giovane Margot smise di pensarci nel preciso istante in cui focalizzò un'immagine disgustosa (che non posso certo descrivere ma che, se volete farvi un'idea, ha a che fare col retto di lei, la voglia di cioccolata e quella ben più infantile di dipingere con le mani).
Ma non aveva scelta, e per quanto ci riflettesse non riuscì a trovare altra via di fuga. Doveva accontentare il marito. Doveva bere il suo pus e salvare il matrimonio.
Non impiegò poi tanto nell'operazione, giusto il tempo di avvicinare le labbra a quella strana pustola e.. nemmeno un minuto dopo la sua cavità orale fu invasa da un caldo fiotto di liquido bianchiccio.
― Gesù! ― esclamò lui come se si fosse finalmente liberato di un peso insopportabile. Poco dopo potè constatare che la sua giovane moglie stava guardandolo negli occhi, proprio come aveva sempre sperato.
― Adesso! ― disse tenendole il mento con due dita. ― Apri la bocca e mostrami il tuo senso di devozione! Coraggio amore mio!
Andò esattamente così. Lei bevve il suo pus e non disse una parola.
Margot si sollevò tirandosi su dal pavimento della cucina, andò a lavarsi i denti e ritornò vicino all'uomo la cui erezione era già scomparsa riducendosi a un niente.
Quello che accadde negli anni successivi non fu dato sapere. Le voci di corridoio, a Bugibba, parlano di una giovane donna che ogni mattina si reca in chiesa, recita a memoria tutte le preghiere del caso – comprese quelle strane litanie che solo il prete può conoscere – e che dopo torna a casa dal marito perchè crede nel matrimonio e nell'impegno assunto davanti al signore.
Quella donna, in fondo, ha sempre creduto che per tenere unita una coppia non bisogna mai dare niente per scontato.
Quello che non dicono le voci, tuttavia, è che sembra avere un'aria diversa.